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Commenti al testo di Giorgio Mancinelli
performance

Sei nella sezione Commenti
 

 Rosetta Sacchi - 27/08/2023 21:55:00 [ leggi altri commenti di Rosetta Sacchi » ]

Quando commento una poesia é perché mi piace o mi incuriosisce o mi affascina o mi coinvolge emotivamente. Non necessariamente una poesia deve essere compresa. Né tantomeno una poesia deve essere spiegata. Accade poche volte di comprendere il senso d’una poesia ed è quando è scritta in un linguaggio semplice, elementare. Ma a volte quella semplicità è fuorviante in quanto parole semplici possono alludere ad una profonda complessità inespressa.
Per cui non c’è nulla di che scusarsi, per quel che mi riguarda.

 Giorgio Mancinelli - 27/08/2023 17:33:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]

A L’Arbalete e Rosetta Sacchi che ringrazio per il loro impegnativo commento al mio ’performance’ che tuttavia non ritengo opportuno disquisire oltre, per il fatto che ogni singolo testo si rappresenta da solo per quel che vuole dire, finanche trascurando il ’soggetto’, in questo caso interiore, del proprio ’teatro’ immaginario e/o no, qui sostituito da ciò che per ognuno è sostitutivo del proprio ’doppio’ e/o, a fronte della ’teoria degli opposti’, in cui è prevedibile l’uso del semantico ’indicibile’, relegato a ciò che si vuole significare. Dacché l’uso in chiusura della frase artaudiana potrebbe risultare ’crudele’ se ciò ch’è detto non fosse conclusivo di una vita (la mia) che da sempre smarrisco me stesso nel labirinto scritto delle parole.

Pertanto mi scuso se non sono riuscito ad essere esplicativo ma ritengo non necessario cercare ad ogni costo un senso di ciò che a volte è solo una esternazione dello status emozionale, momentaneo quanto fuggevole, dell’autore.

 Giorgio Mancinelli - 27/08/2023 17:32:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]

A L’Arbalete e Rosetta Sacchi che ringrazio per il loro impegnativo commento al mio ’performance’ che tuttavia non ritengo opportuno disquisire oltre, per il fatto che ogni singolo testo si rappresenta da solo per quel che vuole dire, finanche trascurando il ’soggetto’, in questo caso interiore, del proprio ’teatro’ immaginario e/o no, qui sostituito da ciò che per ognuno è sostitutivo del proprio ’doppio’ e/o, a fronte della ’teoria degli opposti’, in cui è prevedibile l’uso del semantico ’indicibile’, relegato a ciò che si vuole significare. Dacché l’uso in chiusura della frase artaudiana potrebbe risultare ’crudele’ se ciò ch’è detto non fosse conclusivo di una vita (la mia) che da sempre smarrisco me stesso nel labirinto scritto delle parole.

Pertanto mi scuso se non sono riuscito ad essere esplicativo ma ritengo non necessario cercare ad ogni costo un senso di ciò che a volte è solo una esternazione dello status emozionale, momentaneo quanto fuggevole, dell’autore.

 L’Arbaléte - 19/08/2023 20:25:00 [ leggi altri commenti di L’Arbaléte » ]

Buonasera, caro Mancinelli,
ci illuminerebbe, per favore, sul suffissato nalpasiano?
Come Lei certamente si rende conto, si tratta dell’Himalaya d’ogni possibile antiletteratura passata e a venire...

(Badi, non s’adombri, la prego, non ho certo scritto nalpastico: son troppo devoto famulo del folle Antonin - che da parte di grand-mère faceva Nalpas - e ho un grande, sincero rispetto per Lei).

Comunque io leggo così:



‘performance’

quel che ci si chiede
quando s’alza il sipario

un palcoscenico
da cui narrare l’indicibile

salvare la volatile parola entropica
con enfasi dettando

ciò che forse è stato senz’esserlo

destrutturato nell’opera omnia,
dissimmetrica soggettività
d’estremo sguardo

ossimoro percettivo
fatalmente ipercritico
di un sé incomprensibile,
l’immenso smarrimento degli anni…

…anche avesse detto una sola parola (Artaud)



E sono d’accordo con Rosetta Sacchi che ha scritto:
Ed io forse «Non ho più nulla da dire, ho detto tutto ciò che avevo da dire».

 Rosetta Sacchi - 19/08/2023 17:44:00 [ leggi altri commenti di Rosetta Sacchi » ]

Il termine performance, per via del mio lavoro, mi porta a tutt’altra considerazione... concerne il contributo dei singoli alle diverse unità organizzative e (più generalmente) all’ente complessivamente considerato ed è diversamente configurata e misurata in funzione dello specifico ruolo ricoperto dalla singola unità di personale.
Qui si tratta di performance artistica ( e direi anche di performance nella vita quotidiana). S’alza il sipario e il palcoscenico vive o racconta o immagina o rappresenta una realtà trasfigurata. Quello che siamo senza saperlo o che vorremmo o quello che non vorremmo essere, quello che vogliamo venga compreso o che resti un mistero.
La performance di un sé incompreso, "anche avesse detto una sola parola".
Ed io forse «Non ho più nulla da dire, ho detto tutto ciò che avevo da dire».